domenica 25 gennaio 2015

diatermia RF

Si tratta di un progetto che risale al 2012 e che ancora attende un degno completamento...
In quel periodo, dopo una serie di terapie ad una spalla durante le quali mi sono reso conto della metodologia di applicazione e dei benefici del cosiddetto "Tecar" (che è semplicemente un marchio registrato per la diatermia a radio frequenza), mi son detto: questo me lo posso costruire!

Non sono un medico e non voglio esortare nessuno a costruire e sperimentare la tecnologia. C'è da farsi male: ci si può scottare la pelle se si maneggia in modo incauto l'applicatore e, peggio, ci si può scottare in profondità se si esagera con la potenza o non si fanno i movimenti giusti. Con questo articolo mi limito a mostrare quello che ho costruito, visto che in seguito ad un messaggio su un newsgroup sono stato contattato da diverse persone interessate alla mia esperienza. Non entrerò pertanto nei dettagli di utilizzo per curare questo o quest'altro doloretto e vi prego di non contattarmi per questo. Faccio presente che Nuova Elettronica, prima di chiudere i battenti, ha pubblicato un volumetto sull'argomento...

Prima di buttarmi nell'avventura ho guardato un po' in giro le specifiche di apparati commerciali e ho capito che:
  • la frequenza è sempre intorno ai 470-500 kHz. Evidentemente è un compromesso buono tra penetrazione nel corpo (che aumenta al calare della frequenza) e dissipazione nei tessuti (che viceversa aumenta al crescere della frequenza). Il valore non è per niente critico, a patto di essere certi di non disturbare altre apparecchiature nei dintorni con le inevitabili emissioni radio;
  • esistono due modalità applicative
    • resistiva: per contatto elettrico, usando una piastra per la massa ed un applicatore più piccolo, entrambi da ungere con crema conduttiva. Serve una tensione RF relativamente bassa, perché l'impedenza di carico è bassa;
    • capacitiva: in questo caso gli elettrodi (o almeno uno) sono isolati in qualche modo che non ho indagato più di tanto. Siccome la capacità risulta in serie al carico ed è piccola, in questo caso serve una tensione RF abbastanza alta, anche di centinaia di V. Questa modalità l'ho predisposta, ma mai provata;
  • la potenza massima che si vede dichiarata oscilla tra 60 e 100 W. Io mi sono dato l'obiettivo di generare 50-60 W massimi. A parte i test iniziali usando lampade come carico, ho però sempre usato il prototipo a potenza più bassa, riducendo l'alimentazione e/o il segnale di ingresso, altrimenti il calore prodotto risultava eccessivo.
Nelle prime bozze di progetto mi sono dato un obiettivo di alta efficienza, pensando ad uno stadio di potenza in onda quadra, oppure in classe C o E. Queste architetture richiedono però filtri passa-basso per abbattere le armoniche, che sono particolarmente critiche perché durante l'uso è inevitabile irradiare RF. I filtri possono fare scherzi strani quando il carico è fortemente variabile (può essere scollegato, collegato, presentare un'impedenza che varia secondo la bontà del contatto e la distanza dalla piastra di massa), facendo vedere allo stadio finale una impedenza ruotata in fase rispetto a quella di uscita.
Così mi sono orientato verso un push-pull in classe (A)B a MOSFET con uscita a trasformatore: discretamente lineare, con la possibilità di introdurre prese a volontà sul secondario per gestire impedenze diverse e le due modalità induttiva e capacitiva.

Per pigrizia e per poter fare le prove più disparate all'inizio non ho messo un oscillatore, pensando di provarlo temporaneamente con un generatore da laboratorio, un vecchio hp3325a. Analogamente per le prove ho usato un alimentatore da laboratorio, un modello lineare "da fiera" 0-33 V 0-3 A. Siccome funzionava bene è rimasto così... Oscillatore, alimentatore e inscatolamento sono rimasti nella "to do list" in coda ad altri progetti.

Beh, passiamo a schema e commenti.


La prima cosa che voglio far presente è che lo stadio di uscita non è protetto da cortocircuito sul carico. L'ho fatto per semplificarmi la vita, mi son detto: in fondo basta stare attenti. Ok, è indispensabile stare attenti, pena bruciatura dei finali!

La resistenza da 56 ohm in ingresso fa vedere circa 50 ohm al generatore, che deve essere di tipo sinusoidale pena l'emissione incontrollata di armoniche, perché gli stadi amplificatori sono a larga banda.
Entrambi gli stadi lavorano con forte feedback che stabilizza il guadagno e migliora la linearità.
Il primo stadio è in classe A, il secondo in B (o AB, secondo come si regola la polarizzazione). Per i finali è opportuno selezionare una coppia con tensione Vgs di soglia più simile possibile. Il trimmer va regolato a partire dal lato massa senza segnale in ingresso e senza carico, finché si vede aumentare la corrente assorbita di 50-100 mA rispetto al valore iniziale.
Il MOS pilota richiede un piccolo dissipatore, che ho ricavato saldando al drain (l'elettrodo più largo) un pezzetto di lamierino di zinco. I finali richiedono abbondanza di dissipazione, oppure un radiatore con ventola tipo quello dei Pentium 4; indispensabile usare foglietti di mica e pasta al silicone per isolare i drain dal radiatore. Personalmente diffido dei foglietti isolanti gommosi, che essendo spessi introducono in genere una resistenza termica considerevole: diciamo che vanno bene per gli stadi switching, non per quelli lineari.
Il trasformatore di accoppiamento interstadio l'ho ricavato da una induttanza toroidale surplus che aveva già un avvolgimento di 59 spire con induttanza 234 µH. Ho aggiunto un secondario 16+16 spire con filo Litz 50x0.05. Il valore di induttanza non è particolarmente critico, diciamo che 200-400 µH sul primario possono andar bene, poi occorre rispettare il rapporto spire col secondario. Meglio usare una ferrite con permeabilità relativa µr non troppo alta (non più di 100-200). Al posto del filo Litz si può usare rame smaltato un po' più grosso. Nel caso del mio toroide i parametri (stimati) sono:
  • diametro medio 16 mm
  • sezione della ferrite 5x7 mm
  • µr = 77
Il trasformatore di uscita l'ho avvolto su un nucleo RM prelevato dallo scatoloncino delle ferriti...
In questo caso il primario consiste in 4+4 spire di filo Litz 130x0.1 (bello grosso...). Il secondario per il modo resistivo in 13 spire con presa dopo le prime 8 (pertanto 8+5) di filo Litz 50x0.05. Il secondario per il modo capacitivo in 64 spire (22+42) di filo Litz 30x0.05. Il nucleo non ha traferro e presenta una induttanza di 1.7 µH/spira. Questo va scelto bene, serve una ferrite che lavori a 470 kHz con le potenze in gioco senza saturare e senza introdurre attenuazione significativa. La ferrite per alimentatori switching non va tanto bene, ha  una permeabilità troppo alta che la rende adatta a frequenze più basse. Nel caso del mio nucleo i parametri stimati sono:
  • sezione del nucleo 150 mm2
  • lunghezza media del circuito magnetico 82 mm
  • µr = 740
Chiudo con una carrellata di foto del prototipo e degli elettrodi, per i quali ho utilizzato lamierino inox e manicotti di tubo da idraulica.

il prototipo
vista da sotto
 
zoom sul trasformatore di uscita

zoom sul radiatore del pilota e trasformatore intermedio

prototipo con piastra di massa e applicatore resistivo piccolo

piastra di massa a applicatori piccolo e grande