mercoledì 10 agosto 2016

diatermia RF - in scatola!


 Finalmente in scatola!
 Ho riciclato contenitore e ventola di un vecchio alimentatore ATX per PC, partendo dai 19 V di un alimentatore da PC portatile di recupero: se ne trovano di varie taglie da 45 a 120 W, nel nostro caso ce ne vogliono almeno 60. Rispetto agli schemi originali dell'oscillatore e dell'amplificatore ho aggiunto:
  • un diodo di protezione contro le inversioni di polarità e un filtro LC per evitare di riversare RF nell'alimentatore;
  • uno stabilizzatore a 12 V per ventola e oscillatore, fissato sullo stesso radiatore dei MOS finali;
  • un alimentatore commerciale XL6009 acquistato online, usato come survoltore per fornire l'alimentazione allo stadio di potenza. Su questo ho sostituito il trimmer a bordo scheda con un potenziometro e una resistenza, per ottenere un range di uscita circa 20-33 V;
  • uno shunt e un microamperometro per misurare la corrente in entrata all'ampli di potenza, che è una importante indicazione della potenza che si sta applicando. Come microamperometro ho usato uno strumentino analogico recuperato da un registratore a cassette anni '70.
schema a blocchi

Note

 Il trimmer da 4.7 kΩ va regolato per 3 A fondo-scala dello strumento. Il diodo 1N4148 serve a salvare lo strumento nel caso in cui la resistenza shunt dovesse interrompersi. Qui i valori delle resistenze sono da adattare in funzione dello strumento che si riesce a recuperare.
 Per la regolazione di tensione i valori di resistenza da usare li ho trovati sperimentalmente. Ho visto che non tutti i moduli pubblicizzati come XL6009 sono uguali tra loro, per cui anche in questo caso meglio verificare con qualche misura (col finale scollegato!!!). Nel caso del mio modulo il trimmer usava solo due terminali, ma non è detto che sia la regola.
 La regolazione della tensione di alimentazione serve ad evitare di dissipare inutilmente potenza quando il livello di uscita è basso. I finali lavorano correttamente in classe AB quando l'alimentazione supera di qualche volt la tensione di picco tra drain e massa dei finali: per questo ho preferito tarare il potenziometro di livello in volt di picco sui drain. E' comunque opportuno non scendere sotto i 20 V.
 Nelle foto si nota uno schermo in foglio di rame sopra il survoltore. Non ero sicuro che servisse, ma l'ho messo perché l'alimentatore l'ho piazzato proprio sopra le uscite RF e volevo evitare di irradiarlo.
 La mascherina l'ho realizzata mediante stampa su carta adesiva per ink-jet. Prima ho stampato su carta semplice, l'ho attaccata con lo scotch e ho misurato un po' di punti per le varie scale graduate (corrente, tensione di alimentazione, tensione di picco di drain); poi ho messo a posto il disegno e fatto la stampa definitiva sulla carta ink-jet. La tensione di picco sul drain che ho indicato è misurata con l'oscilloscopio senza carico tra un drain e massa, applicando la massima tensione di alimentazione di 33 V. Naturalmente la tensione di alimentazione sulla scala del potenziometro è un doppione, perché c'è anche la misura del display sull'alimentatore, ma è comoda per evitare di accendere con valori a casaccio.

Utilizzo 

 Come già scritto nel post dell'anno scorso sull'amplificatore, non sono un medico e non voglio esortare nessuno a costruire e sperimentare la tecnologia. C'è da farsi male: ci si può scottare la pelle se si maneggia in modo incauto l'applicatore e, peggio, ci si può scottare in profondità se si esagera con la potenza o non si fanno i movimenti giusti. Con questi articoli mi limito a mostrare quello che ho costruito, visto che in seguito ad un messaggio su un newsgroup sono stato contattato da diverse persone interessate alla mia esperienza. Non entrerò pertanto nei dettagli di utilizzo per curare questo o quest'altro doloretto e vi prego di non contattarmi per questo. Faccio presente che Nuova Elettronica, prima di chiudere i battenti, ha pubblicato un volumetto sull'argomento...
 Le uniche raccomandazioni sono:
  • partire sempre col potenziometro di livello a zero, aumentandolo solo dopo aver posizionato l'applicatore, altrimenti si rischiano scottature in fase di contatto, almeno per gli elettrodi resistivi;
  • tenere la tensione di alimentazione 4-5 V superiore alla tensione di picco sui drain che si vuole utilizzare, col minimo di 20 V. Non serve diminuire l'alimentazione tutte le volte che si abbassa temporaneamente il livello di uscita;
  • rimettere a zero il potenziometro di livello prima di togliere l'applicatore;
  • evitare cortocircuiti tra i terminali di uscita, perché lo stadio di potenza è protetto solo dalla limitazione di corrente degli alimentatori e potrebbero bruciarsi i MOS.

 

Foto

scatola aperta, di fianco

vista dall'alto

aperto davanti, senza mascherina

finito!

vista da dietro e alimentatore esterno

martedì 9 agosto 2016

diatermia RF - l'oscillatore

 Dopo tanto tempo, recentemente ho ripreso in mano il prototipo per la diatermia RF (http://iw3ipd.blogspot.it/2015/01/diatermia-rf.html) per completarlo.
In questo post parlo dell'oscillatore a 470 kHz, realizzato a partire da un risonatore ceramico Murata CSB470E recuperato chissà dove.

Descrizione del circuito

 T1 e T2 sono trasformatori di media frequenza miniatura per radioline AM con condensatore incorporato. Sono progettati per 455 kHz, ma coi nuclei quasi completamente svitati riescono a sintonizzare i 470 senza problemi. Ulteriori dettagli più avanti.
L'oscillatore è un semplice Colpitts. Col carico capacitivo che presenta al risonatore la frequenza di oscillazione risulta 467 kHz, che vanno più che bene per l'applicazione. La resistenza di collettore sul BC548B limita l'ampiezza dei segnali in base ed emettitore, mantenendo la potenza dissipata dal risonatore a valori molto contenuti e producendo un livello adeguato a pilotare lo stadio successivo.

Il 2N2222A lavora con circa 12 mA di corrente di collettore a riposo ed è in grado di pilotare un carico di 1 kΩ o superiore con 10 V di picco. Per lo stadio di potenza serve al massimo 1 Veff (1.4 V di picco) su 50 , per cui va applicato un rapporto di trasformazione intermedio tra 4.5:1 e 7:1
  • 4.5:1 trasforma 50 in 1012 Ω e fornisce 2.2 V di picco in uscita
  • 7:1 trasforma  50 in 2450 Ω e fornisce 1.43 V di picco in uscita
 All'inizio ho provato soluzioni con un solo trasformatore, ma tra i vari tipi di cui disponevo nessuno rientrava nell'intervallo desiderato. Inoltre la soluzione con due trasformatori accoppiati capacitivamente riduce sensibilimente la distorsione, generando in uscita una sinusoide quasi decente. T1 è una media frequenza con nucleo giallo e rapporto 2.5:1 (con la presa adottata), mentre T2 ha nucleo nero e rapporto 2:1. Il rapporto complessivo sarebbe 5 se non ci fosse il condensatore di accoppiamento, che lo rende un po' più elevato, ma sempre nel range richiesto, tant'è che resta margine per sopportare il carico del potenziometro e l'attenuazione della resistenza in serie al cursore. Il potenziometro serve a regolare il segnale inviato allo stadio di potenza ed è la regolazione principale del sistema completo; la resistenza evita instabilità del circuito di potenza quando il cursore del potenziometro è ruotato verso il minimo.

Note sui componenti

 Il potenziometro è di quelli normali a carbone. 100 Ω non è un valore molto comune, ma si trova. Meglio evitare i potenziometri a filo, che sono induttivi.
 La frequenza del risonatore non è per niente critica per la diatermia, per cui valori tra 450 e 500 kHz possono andare ugualmente bene. Purtroppo oltre i 470 kHz diventa difficile usare le medie frequenze per T1 e T2, a meno di fare un "intervento chirurgico" per rimuovere il condensatore interno e metterne uno esterno di valore più basso.
 Per T1 e T2 si trova in giro parecchio materiale, ma purtroppo il colore del nucleo è tutt'altro che sufficiente ad identificare le caratteristiche, che sono le più disparate. Occorre procurarsi vari esemplari, poi armarsi di generatore di segnali e oscilloscopio a doppia traccia per identificare il rapporto di trasformazione. Suggerisco di collegare il generatore con una resistenza in serie da qualche centinaio di ohm sul lato secondario, che in genere è quello col minimo numero di spire.



 Naturalmente il test va fatto in condizioni di risonanza, variando la frequenza del generatore fino ad ottenere la massima lettura su chB. Siccome la presa sul primario è raramente al centro, ci sono tre possibili combinazioni da provare per il rapporto di trasformazione; in genere però i rapporti sono piuttosto alti, tranne uno.
 Nel disegno ho messo la connessione più tipica degli avvolgimenti, ma ci sono trasformatori con gli avvolgimenti disposti in modo anomalo, per cui conviene fare una verifica di continuità col multimetro.


Qualche foto

 
primissimo prototipo "volante"


oscillatore assieme allo stadio di potenza